mercoledì 29 maggio 2013

UDS è stato a cena a casa mia.

Avete capito bene! UDS, ovvero l'Uomo dei Sogni è stato a cena da me.
(Se non avete una buona memoria per via degli eccessi di gioventù, vi rimando al post "1993 - L'UOMO DEI SOGNI" di venerdì 15 marzo.)

Wow!
Io e lui da soli.
Volevo cucinare la dadolata di pesce spada con asparagi e i crostini di camut, ma la giornata ha preso una strana piega. 

"E c'hai presente quelle giornate in cui vuoi arrivare a raggiungere uno scopo e non ce la fai per motivi indipendenti da te e allora alla fine, dopo aver lottato fino allo sfinimento, dopo aver studiato una serie di incastri per farcela, alla fine, una serie di circostanze, fatti e misfatti ti rendono impossibile non il raggiungimento dello scopo, ma anche il più timido approccio allo stesso. È  così che nel bel mezzo del pomeriggio ti rendi conto che no, non ce la farai mai. Peccato perché ci tenevi proprio e adesso non sai quando sarà di nuovo possibile sognare una seratina in cui ti saresti finalmente rilassata a fare due chiacchiere con una persona che parla almeno quanto te e a volte come te. Che volevi proprio cucinare quel pesce là e che non hai fatto neanche la spesa. Perché? 
Perché tua figlia ha la febbre da ieri sera a 39, perché tuo padre ti fa sospettare di parlare l'aramaico e perché tua madre arriva tardi... Insomma cena da me saltata... A meno che invece del pesce non vada bene una pizza e invece del vino due birre. Che ne dici?"

Ecco questo è l'sms che gli ho mandato.

Questa è la risposta: 
"Ma certo bella mia ..... Ti dirò , stasera mi andavano in particolar modo pizza e birra !  Sei perfetta !"

È o non è l'uomo dei sogni? 
È. 
E la serata è cominciata. 

SIPARIO.
Chiuso. No dico il sipario.
Mica vi racconto tutto tutto tutto. 
Solo l'indomani mattina mi sono messa a pensare.

Riflessioni post serata con UDS:
1. È ancora bello parlare con lui. Non abbiamo avuto tempo e modo di dirci tutto quello che volevamo. Non gli ho parlato della meditazione di Osho che era stato il motivo della chiamata dell'altro giorno.  Troppo vino. 
(Si alla fine abbiamo bevuto il vino...)
Mi sento capita e conosciuta da lui come se avessimo ripreso dal 12 settembre, il giorno dopo il grande distacco, ma avessimo 20 anni di più. Insomma un po' più maturi ma con dentro la complicità che avevamo a 20 anni. 

2. Peccato. Un po' mi dispiace che non ci sia più attrazione fisica tra noi. A livello letterario sarebbe stato bello perdersi di nuovo in quegli antichi odori, sapori e scoprire come facciamo l'amore adesso. Ma non è scattato. O forse facciamo i liberi e i disinvolti ma in fondo non siamo figli dei fiori e il sesso è ancora un discorso complicato. Ammettiamolo dai. 

3. Almeno un paio di abbracci ce li siamo dati che hanno comunicato accoglienza, ma onestamente mi aspettavo di più. 

4. Abbiamo visto le nostre foto: le vacanze, la Sardegna, il viaggio in Inghilterra e Scozia con la macchina di Luca, i baci di Fiuggi, il mare, gli amici.
Eravamo belli prima  e lo siamo ancora dentro e fuori. Io più adesso di prima. Lui sexy da morire con le stesse mani  e il pelo bianco sul petto.
Bello stare sul divano felici e scalzi come due vecchi amici. Un po' abbracciati e un po' no.  

5. Non c'è niente da fare. Ci si conosce ogni giorno di più. Infatti ho capito che UDS è un po' parte di me come l'acqua e il caffè oppure come quelle canzoni o libri che sono stati il tuo romanzo di formazione e che non puoi dimenticare. Ogni pagina è un po' di te, una mano, una braccio, un culo. 
Innegabile poi che il suo è ancora un bellissimo culo.
Poche ma ferree certezze. 

Ciao UDS torna quando vuoi oppure invitami tu. 



lunedì 27 maggio 2013

Finalmente tu.



Sei qua: adesso sei qua, sei qua adesso.

Non sto ripetendo parole a cazzo o  mi sono sbagliata a fare copia e incolla. 
Ho scritto proprio quella frase ed era rivolta a me.
Quanti di voi sentono di vivere il momento che stanno vivendo senza proiettarsi nel futuro?
Stai facendo una cosa anche bella, che ti piace, ma pensi alla prossima che farai, pensi a tra un mese, pensi alla pensione, pensi che sarai grande, pensi che dopo, pensi che poi.
Insomma pensi.
E pensi a quello che farai dopo.
La cultura del poi in cui siamo cresciuti ci impone di non fermarci mai sull'adesso. 
Tanto poi dopo lo faccio, poi ci penso, poi quando sarò in pensione avrò tutti il tempo che voglio, poi una volta in vacanza faremo così, poi quando arriviamo, poi quando arrivano, maddai che poi ne avrai di tempo, poi dopo vedrai, poi una volta sposati, poi con un figlio cambia tutto, poi dopo la laurea, poi ci vai, poi lo fai, poi le cose cambiano, poi mi metto a dieta, poi tanto lo so che non mi chiami, poi la chiamo, poi ci vado, su che poi io dormo a casa tua, poi, poi, poi.
E basta! Ma qualcuno ha provato a fermarsi e a fare adesso quello che spesso si rimanda ad un poi che non arriva mai? Bravo se ci hai provato, bravo.

Ecco io non ho scelto di fermarmi. Diciamo che la vita mi ha messo in pausa.
E, normalmente, se la botta fosse stata meno forte, mi sarei rimessa subito in movimento per cercare di fare, fare, fare, cercare, cercare, cercare qualcosa per il mio futuro, per quello di mia figlia.
Subito senza perdere tempo, perché il tempo non va perso. Mai.
Mai fermarsi.

Ecco questo è quello che dicono tutti. Mai fermarsi. E quindi la vita diventa fast. Fast food, fast pass, fast & furious.
Devi laurearti in 4 anni, devi prendere la patente a 18, devi fare un figlio entro i 30, devi, devi, devi correre, correre, correre.
Scusa vieni da me oggi pomeriggio? Oggi? Di lunedì sei pazza? Devo lavorare e poi la spesa e poi i bimbi e il parrucchiere e la palestra e mia suocera.
Ok. Sarà per la prossima allora.
Ma non arriva mai.

Beh io l'ho fatto. Io mi sono fermata.
STICAZZI.
Prima perché ero tranvata come si dice a Roma. Poi perché da ferma mi sembrava tutto più chiaro.
Ho investito questi pochi soldi che avevo sul tempo da dedicare a me stessa, mi sono concessa il lusso di accontentarmi di poco.
Non ho pianificato, non ho studiato strategie, non mi sono mossa, mi sono affidata al tempo, sicura che ne avrei tratto giovamento e con la consapevolezza che qualcosa di bello prima o poi arriva, ma non devi stancarti di aspettare.
Ho cercato di sfruttare la pausa obbligatoria trasformandola in un'opportunità che non mi era mai stata concessa: avere del tempo.
TEMPO.
Quella cosa che appartiene solo all'Africa e a chi non ha l'orologio.
Il tempo.

E così mi sono presa il mio tempo per fare la madre, per prendere un caffè con le amiche, per leggere, per andare a fare l'AUM, per scrivere e per capire quel paio di cosette che sono sicura mi torneranno utili.
Così giorno dopo giorno ho guardato in faccia l'angoscia, la disperazione, la solitudine, la consapevolezza, il dolore, il rammarico, la rabbia, le lacrime, l'amore, la fiducia, il sorriso.
Con un bel sorriso una mattina mi sono svegliata e mi sono vista per la prima volta e mi sono abbracciata e detta: finalmente tu.
Eccoti sei arrivata.
E' una vita che ti aspetto.

Non ero più arrabbiata, non ce l'avevo più con nessuno, non ero più quella là. Quella di prima. Il dolore mi ha resa un'altra cosa e questa cosa mi piace di più.
Di più di quell'altra.
Quella a cui le cose sono capitate così, una dietro l'altra, senza mai scegliere fino in fondo.
Quella che si era ritrovata manager ma che ai suoi piedi continuava a vedere le infradito e che nella sua vita notava delle stonature, delle discrepanze. 
Quella che proprio non si spiegava perché fosse così costantemente infelice da troppo tempo.
Perché a volte era aggressiva? L'infelicità porta all'aggressività e, come dice Gramellini, l'aggressività è lo smog dell'anima. Ma è così: se sei infelice sei aggressivo, se sei aggressivo hai l'anima inquinata.
Devi pulirla.
E io l'ho fatto attraverso un viaggio dentro di me senza l'aiuto di detergenti. Oddio un Mastrolindo una volta ogni tanto non nuocerebbe... ma si può fare anche senza.
L'importante è farlo questo viaggio con gli strumenti che più ci somigliano: l'analisi, la meditazione, il couseling, una canna...

Io mi vedo così: una vecchia crisalide ormai arrivata alla soglia dei 40, si sta trasformando in farfalla.
Una farfallona gigante e attempatella ma finalmente consapevole delle sue ali.
E adesso se a farle volare sarà la musica, il teatro, lo yoga, il cinema, la scrittura, questo blog, mia figlia o altro non lo so.
L'unica cosa che so è che sto vivendo da io. Sto imparando a volare.
Ricominciando da me. Ho fatto i conti con un passato che non mi somigliava restando nel presente.
Standoci. Qui e adesso e chiedendomi cosa provassi.

E allora oggi come sto?
Bene. Molto bene, grazie e voi?